La chiamano “la tempesta perfetta", la crisi mondiale dei porti che ha innescato una battuta di arresto al flusso delle merci ripercuotendosi sull’intera catena di approvvigionamento.
È da diversi mesi che leggiamo notizie sulla criticità dei sistemi portuali, ritardi e difficoltà a reperire le materie prime, noli proibitivi, disponibilità ridotta dei container e navi che accumulano giorni di ritardo.
Quest'articolo nasce da una mia personale esigenza di comprendere le dinamiche e le cause che hanno generato tale pressione sul sistema portuale mondiale.
Ho raccolto interviste, commenti e articoli di importanti professionisti del settore marittimo.
Dalla ricerca sono emersi alcuni punti chiave che si ripetevano e argomentavano la grande crisi dell’industria marittima.
Ma quali sono gli elementi che caratterizzano la “tempesta perfetta"?
Le conseguenze della pandemia da Covid-19 e le misure per contrastarla rallentano tutte le operazioni necessarie per la gestione delle merci nei porti e nei depositi.
Le procedure sono più burocratiche e il virus non si arresta, costringendo molte zone del mondo a ridurre e modificare le attività operative.
Il 23 marzo 2021, alle ore 7.40, la portacontainer Ever Given si è incagliata nel Canale di Suez interrompendo, per 6 giorni, il traffico marittimo tra l'Asia e l'Europa.
L'incidente ha avuto ripercussioni economiche a livello mondiale e il blocco ha creato una coda di oltre 400 navi che erano in attesa di poter transitare. I ritardi generati dall’incagliamento si sono protratti per mesi.
Con il lockdown abbiamo assistito a un forte cambiamento delle abitudini dei consumatori. La corsa agli acquisti online, i magazzini presi d’assalto, le scorte di magazzino insufficienti hanno spinto molte aziende ad anticipare gli ordini di materie prime e semilavorati.
L’obiettivo comune era anticipare gli effetti della ripresa post lockdown ed essere pronti a rispondere all’aumento di produzione. Tutto questo ha generato con effetto rapido, ma non inaspettato, la richiesta crescente dei servizi logistici.
Durante la prima fase più acuta della pandemia, il normale flusso dei container vuoti verso la Cina si era arrestato. L’occidente custodiva un numero importante di container vuoti che non avevano mai fatto ritorno in Cina.
La produzione Cinese è stata la prima a ripartire, le richieste di spedizioni sono cresciute vertiginosamente e i porti cinesi non avevono container sufficienti.
Le restrizioni forzate generate dalla pandemia hanno ridotto i viaggi internazionali, aumentando il numero delle navi rimaste ormeggiate o in disarmo. La riattivazione di molte imbarcazioni ha richiesto tempo e denaro.
Molti armatori hanno approfittato del blocco forzato per ristrutturare le proprie navi incidendo sulla disponibilità di trasporto quando la richiesta di servizi di trasporto sono tornati a crescere.
Una grande sfida è stata, lo è ancora per molti paesi del mondo, permettere il normale ricambio e turnazioni del personale.
Le limitazioni di spostamento, le quarantene, la chiusura delle frontiere ha costretto l’equipaggio di diverse navi ed operatori portuali a lavorare per periodi più lunghi, lontani dalle loro famiglie.
Turni di servizio prolungati sono stati motivo di affaticamento fisico e mentale.
I problemi emersi sono molteplici e i temi che meritano un approfondimento sono diversi. Vi sono criticità riscontrate da tempo, come l’inefficienza dell’intero sistema portuale e della sua infrastruttura.
Non posso concludere senza citare un articolo del Corriere della sera, di Milena Gabanelli, evidenziando con estrema sintesi alcuni passaggi :
“Prima del Covid-19, almeno altre 13 pandemie hanno infierito negli ultimi 3000 anni. Dalla Peste al Coronavirus, le pandemie hanno cambiato la storia dell’uomo. Ogni pandemia ha cambiato il corso della storia: accompagnando o provocando guerre, migrazioni, crolli di imperi, sistemi economici, poteri religiosi, persecuzioni ideologiche."
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